- Valentina Silvestri
- 1 giorno fa
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Ogni giorno lavoro con ragazzi pieni di emozioni, aspettative, paure. Hanno bisogno di sentirsi visti per ciò che sono, non per ciò che fanno.
Ho scritto queste parole per loro. E per noi adulti, per ricordarci quanto conti lo sguardo che posiamo su di loro.

Inizia così: Tu non sei un voto
Tu non sei un voto. Non confondere il risultato di una verifica, di un’interrogazione o di un esame con il tuo valore. Te lo ripeterò all’infinito, finché non avrai fatto tuo questo concetto. Tu sei molto di più, un essere unico e irripetibile. Il voto non è un giudizio sulla tua persona, ma una valutazione su una prova.
A volte ti vedo triste, piangere, agitato/a, teso/a, per un voto. Certo, comprendo perfettamente la soddisfazione personale, ma non è questa. La tua è delusione, talvolta paura. Paura di deludere gli insegnanti, la famiglia e di essere deriso dagli amici. Ma non è questo, non è il fine di una preparazione.
Prepararsi per un compito vuol dire apprendere una cosa nuova, conoscere, sapere. Certo, può interessarti come no, ma c’è una visione troppo spesso distorta. Troppe mani sudate, troppi respiri affannati. Stai andando a scuola, un luogo di crescita, dove si impara. Tu vai per imparare cose nuove. Non confonderti con un semplice voto.
Torna nel qui e ora, presente a te stesso. Una verifica può andare bene, a volte meno bene, a volte male. Ma è la verifica. Non devi accontentare gli altri, devi rendere felice te stesso. Devi farlo per te. E se questa volta non è andata bene, bè, la prossima andrà meglio. Abbi chiaro il risultato che vuoi raggiungere e vai.
Ma ricordati: tu non sei un voto. Tu sei vita. Grazie per la tua presenza. Il mondo senza di te non sarebbe lo stesso.
👉 E mentre parlo a voi, ragazzi, non posso fare a meno di pensare anche a noi adulti, educatori, genitori, insegnanti. Perché il modo in cui vi guardiamo e vi accompagniamo fa la differenza.

E noi come possiamo supportare i ragazzi nel loro percorso scolastico?
Troppo spesso noto insoddisfazione e insofferenza, non solo tra i ragazzi, ma anche tra i loro genitori e, a volte, tra gli insegnanti. Dobbiamo ricordare una cosa importante: i giovani hanno bisogno di imparare cosa significa essere responsabili.
Quando parlo con alcuni di loro, mi raccontano il timore di deludere i genitori, la vergogna davanti a un compagno di classe, la paura del giudizio degli insegnanti. Sembra quasi che non si rendano conto che, in realtà, il percorso scolastico è il loro, fa parte del loro cammino. Ogni soddisfazione o delusione che ne deriva è una loro responsabilità.
Certo, i genitori, gli insegnanti, tutti noi, abbiamo i nostri compiti: prenderci cura dei giovani, predisporre un terreno fertile, ascoltare, svolgere al meglio le nostre mansioni. Ma il bel voto, il brutto voto, l'argomento studiato, quello ignorato, la promozione o la bocciatura... fanno parte del bagaglio di vita del ragazzo. Sono loro a vivere questa esperienza.
E troppo spesso sembra che tutto si basi sulle aspettative degli altri.
Posso assicurarvi una cosa: quando i ragazzi si rendono conto che lo stanno facendo per loro stessi, cambia tutto. L'assunzione di responsabilità porta inevitabilmente a un cambiamento — sia in termini di energia investita, sia nelle aspettative e, soprattutto, nella serenità.
Comunichiamo loro questo. È fondamentale.