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  • Immagine del redattore: Valentina Silvestri
    Valentina Silvestri
  • 1 giorno fa
  • Tempo di lettura: 2 min

Ogni giorno lavoro con ragazzi pieni di emozioni, aspettative, paure. Hanno bisogno di sentirsi visti per ciò che sono, non per ciò che fanno.

Ho scritto queste parole per loro. E per noi adulti, per ricordarci quanto conti lo sguardo che posiamo su di loro.

Inizia così: Tu non sei un voto

Tu non sei un voto. Non confondere il risultato di una verifica, di un’interrogazione o di un esame con il tuo valore. Te lo ripeterò all’infinito, finché non avrai fatto tuo questo concetto. Tu sei molto di più, un essere unico e irripetibile. Il voto non è un giudizio sulla tua persona, ma una valutazione su una prova.

A volte ti vedo triste, piangere, agitato/a, teso/a, per un voto. Certo, comprendo perfettamente la soddisfazione personale, ma non è questa. La tua è delusione, talvolta paura. Paura di deludere gli insegnanti, la famiglia e di essere deriso dagli amici. Ma non è questo, non è il fine di una preparazione.

Prepararsi per un compito vuol dire apprendere una cosa nuova, conoscere, sapere. Certo, può interessarti come no, ma c’è una visione troppo spesso distorta. Troppe mani sudate, troppi respiri affannati. Stai andando a scuola, un luogo di crescita, dove si impara. Tu vai per imparare cose nuove. Non confonderti con un semplice voto.

Torna nel qui e ora, presente a te stesso. Una verifica può andare bene, a volte meno bene, a volte male. Ma è la verifica. Non devi accontentare gli altri, devi rendere felice te stesso. Devi farlo per te. E se questa volta non è andata bene, bè, la prossima andrà meglio. Abbi chiaro il risultato che vuoi raggiungere e vai.

Ma ricordati: tu non sei un voto. Tu sei vita. Grazie per la tua presenza. Il mondo senza di te non sarebbe lo stesso.



👉 E mentre parlo a voi, ragazzi, non posso fare a meno di pensare anche a noi adulti, educatori, genitori, insegnanti. Perché il modo in cui vi guardiamo e vi accompagniamo fa la differenza.



E noi come possiamo supportare i ragazzi nel loro percorso scolastico?

Troppo spesso noto insoddisfazione e insofferenza, non solo tra i ragazzi, ma anche tra i loro genitori e, a volte, tra gli insegnanti. Dobbiamo ricordare una cosa importante: i giovani hanno bisogno di imparare cosa significa essere responsabili.

Quando parlo con alcuni di loro, mi raccontano il timore di deludere i genitori, la vergogna davanti a un compagno di classe, la paura del giudizio degli insegnanti. Sembra quasi che non si rendano conto che, in realtà, il percorso scolastico è il loro, fa parte del loro cammino. Ogni soddisfazione o delusione che ne deriva è una loro responsabilità.

Certo, i genitori, gli insegnanti, tutti noi, abbiamo i nostri compiti: prenderci cura dei giovani, predisporre un terreno fertile, ascoltare, svolgere al meglio le nostre mansioni. Ma il bel voto, il brutto voto, l'argomento studiato, quello ignorato, la promozione o la bocciatura... fanno parte del bagaglio di vita del ragazzo. Sono loro a vivere questa esperienza.

E troppo spesso sembra che tutto si basi sulle aspettative degli altri.

Posso assicurarvi una cosa: quando i ragazzi si rendono conto che lo stanno facendo per loro stessi, cambia tutto. L'assunzione di responsabilità porta inevitabilmente a un cambiamento — sia in termini di energia investita, sia nelle aspettative e, soprattutto, nella serenità.

Comunichiamo loro questo. È fondamentale.



 
 
 
  • Immagine del redattore: Valentina Silvestri
    Valentina Silvestri
  • 19 apr
  • Tempo di lettura: 3 min

Desidero raccontarvi la storia di alcuni ragazzi che ho avuto l’onore e il piacere di assistere in questi ultimi anni presso il mio centro studi privato.

Oggi inizio da Bianca.

Bianca ha poco più di 11 anni quando inizia ad avere dubbi su se stessa. Non si piace, non ama il suo corpo, la sua voce né il suo carattere. Alterna momenti di profonda tristezza e senso di vuoto a scatti di rabbia, che la portano a numerosi litigi con sua madre.

Un giorno decide di tirare tutto fuori e parlare con me. Mi chiede di aiutarla. Non è da lei: lei non chiede aiuto. Ma sa che può fidarsi di me.

Parliamo. Mi spiega questi momenti cupi, questo non piacersi:

“Non mi piace il mio fisico. Le mie amiche sono più belle, magre e alte. E non mi piace affatto il mio carattere”.

Le porgo una serie di domande per capire cosa, del suo carattere, non le piace e cosa ritiene non essere bello del suo corpo. Nel frattempo, le spiego che è ancora molto giovane e si sta formando. Ma, essendo lei sempre stata molto matura per la sua età, capisco di poter lavorare più in profondità.

Così inizio a spiegarle cosa sono le credenze limitanti, di cosa si è convinta, e come poter sostituire tutto ciò con delle credenze potenzianti, “installando un nuovo programma” dentro di sé.

Le consiglio di iniziare con il gioco dello specchio: attraverso le altre persone, e ciò che pensa di loro, può risalire a quali siano le sue credenze. Le dico di notare che quei complimenti e quei bei pensieri sono rivolti anche a se stessa, perché ciò che vediamo nell’altro è un riflesso di noi stessi.

Lo stesso vale per gli aspetti che meno ci piacciono: capire quali siano in risonanza con lei.

“Incontri qualcuno insicuro? Arrogante? Ansioso? Guarda bene, Bianca. Se senti risonanza con parti di te, è lì che devi lavorare. Ascoltati, guardati e, con amore, accettati. Inizia da lì. Poi capirai come rafforzare la tua autostima o smussare alcuni angoli.”

Le spiego l’importanza di volersi bene e di trasformare quelli che per lei sono punti deboli in punti di forza.

Così inizia il percorso di Bianca, che, giorno dopo giorno, da una scarsa autostima costruisce una fortezza.

Oggi Bianca ha 14 anni. Dal giorno in cui abbiamo parlato ha iniziato ad ascoltare il prossimo, a vedere il suo riflesso e a recitare mantra potenzianti come:

"Io sono capace. Io mi amo. Io sono intelligente. Io posso tutto. Io sono bella."

Bianca ha iniziato ad apprezzare così tanto il suo corpo che, oggi, alla domanda “Ti piaci?”, risponde con sicurezza:

“Certo! Io sono bellissima, simpaticissima, intelligentissima e la numero uno!”

Oggi crede nelle sue capacità. Il suo rendimento scolastico è notevolmente migliorato e aiuta gli altri. Ha una nuova cerchia di amici, coltiva i suoi interessi, è allegra, felice, spensierata. Ha ben chiaro di essere meritevole d’amore.

Oggi veste come più le piace, senza vergogna, ma con tanta sicurezza in sé.

Oggi la guardo… e sono io ad ammirarla. Resto estasiata dalla sua bellezza, la sua aura, il suo candore e la sua saggezza.Sono grata per aver fatto qualcosa per lei e, anche, per me. Qualcosa che resterà sempre nel profondo del mio cuore.

Il lavoro costante su di sé ha funzionato. Cambiare il sistema di credenze ha funzionato. Pensare positivo ha funzionato.


Dott.ssa Valentina Silvestri - Tutor & Coach - Centro Studi L’Evoluzione 

 
 
 

"Sofia e il muro da abbattere"

di Valentina Silvestri – Coach & Tutor

Sofia ha 16 anni quando arriva da me. È silenziosa, parla molto poco.

Le certificano un disturbo di personalità che le porta importanti sbalzi di umore, stati depressivi - ansiosi, tristezza alternata a momenti di euforia e una scarsa autostima.

Sua madre decide di iscriverla presso il mio centro per prendere ripetizioni, a causa dello scarso rendimento scolastico. È curiosa della mia attività e fiduciosa nel mio approccio con gli adolescenti. Mi spiega i problemi che la ragazza affronta a livello scolastico e personale.

Premetto che Sofia, ovviamente, è seguita da medici. È stata già bocciata ed è nuovamente a rischio bocciatura, perché “così ha deciso”. Parlando con sua madre capisco che Sofia non si accetta, muove continue critiche nei propri riguardi ed ha pochi amici.

 

Arriva il giorno in cui conosco Sofia e, per qualche mese, ci limitiamo a fare delle ripetizioni, anche se vorrebbe lasciare la scuola. Entro in punta di piedi nella sua vita, è delicata, tira su un muro non semplice da buttare giù, ma voglio tentare almeno di oltrepassarlo, col suo permesso.

Così, durante i primi pomeriggi insieme, mi dedico a farla ridere con battute e scherzi. Decido dopo qualche tempo di parlarle in privato. La chiamo nel mio ufficio dicendole che può fidarsi di me e che, se vuole, ha un’amica con cui parlare.

Inizia a raccontarmi della sua profonda tristezza, mi dice che, secondo lei, nessuno la ama, che non trova un fidanzato, ha pochi amici e non riesce a raggiungere successi. Si sente diversa, non si accetta, è convinta di essere una cattiva persona – come si definisce lei – e che non merita nulla di bello. Pensa di essere addirittura di troppo.

Eppure, ha un’aura di luce, di chi non sa bene il potere che ha in sé. Le dico:

“Sofia, il primo passo è quello di accettarsi. Tu ti stai auto-sabotando. Stai credendo a qualcosa di fortemente negativo. Poniti delle domande. Perché credi di essere cattiva? Perché non ti accetti? Una volta individuato ciò a cui stai credendo, puoi riprogrammarlo con nuove credenze che andranno a sostituire quelle vecchie.Per poter cambiare la realtà esterna, è necessario prima lavorare su se stessi, perché quella è solo un riflesso. Cerca di comprendere cosa non accetti di te e poi accogli quelle parti, amale e con amore le guarirai.Dirigi la tua attenzione su ciò che vuoi, non su ciò che non vuoi.”
 

E così inizia il percorso di Sofia accanto a me.

Dopo circa un anno di lavoro, cadute e riprese, mi dà ragione, si rende conto che ha un dialogo sbagliato con se stessa ed inizia a cambiarlo. Parte un processo di guarigione, lento, ma c’è.

Io la vedo meravigliosa, forte, ha una bellezza che incanta, un sorriso che scioglie anche i cuori più freddi. È intelligente, empatica, sensibile.

A volte asciugo le sue lacrime, a volte le nostre e a volte ridiamo insieme. Ma è qui e non vuole più mollare. Ha un focus determinato, si è posta degli obiettivi ed uno alla volta, seppur piccoli, li raggiunge. Per lei sono grandi e anche per me. So che devo esserci.


 

Sono trascorsi 2 anni e siamo ancora insieme,

non senza sfide forse troppo toccanti, oserei dire, ma oggi Sofia sorride, si accetta com’è, con i suoi alti e bassi, i suoi stati emotivi opposti.

Non rema più contro se stessa, ma collabora per stare meglio. Ha deciso di continuare gli studi. Ora lavora su di sé e fa nuove amicizie. Sta dando spazio alla sua arte, è davvero talentuosa.

È un processo lungo e delicato che procede lentamente, c’è strada da fare, ma ha più stimoli e voglia di riuscire. Il rendimento scolastico è migliorato.

Nessuno ha detto che sarebbe stato facile, ma noi abbiamo deciso che non è impossibile e i miglioramenti ci sono.


 

Lavorare su se stessi, accettarsi, amarsi e porsi degli obiettivi, visualizzarli e sentirli già raggiunti, aiuta il processo di guarigione interiore.

Quel disturbo inizia a “divenire sopportabile”, nel momento in cui ha cambiato la credenza limitante “io sono cattiva” con “io sono buona, amorevole e meritevole”.

Quando il focus è ben orientato, e viene accompagnato dall’amore e da un’intenzione sincera, anche la convivenza con disturbi di personalità, di apprendimento o emotivi può diventare più armoniosa.

In questi casi, il lavoro interiore può affiancare — laddove necessario — anche il percorso medico.


 

Anch’io, ogni giorno, lavoro su me stessa. Ogni volta che sono accanto ai ragazzi, mi chiedo:

“Cosa posso trasformare in me che si riflette su di loro?”

È un cammino a 360 gradi, profondo e trasformativo.

Sofia è la prova vivente di questo processo, così come tanti altri ragazzi che ho il privilegio di accompagnare.

E io sono profondamente fiera di ognuno di loro, e infinitamente grata di averli nella mia vita.



 
 
 
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